ROMA - Anche gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia, Egitto, Qatar e Arabia Saudita saranno presenti domattina nell'emiciclo del Parlamento libanese per assistere alla tanto attesa seduta per l'elezione del capo dello Stato, carica vacante in Libano da più di due anni e che per convenzione deve essere ricoperta da un cristiano maronita. Il candidato favorito appare, secondo i media di Beirut, l'attuale comandante in capo dell'esercito libanese, il generale Joseph Aoun: in prima linea in queste settimane nell'assicurare il dispiegamento delle forze armate libanesi nel sud del paese di pari passo col graduale e parziale ritiro dell'esercito israeliano. Il generale Aoun è sostenuto da alcune forze politiche libanesi, rivali di Hezbollah, e dai paesi del cosiddetto Quintetto: Stati Uniti, Francia, Qatar, Arabia Saudita ed Egitto.
Hezbollah e il suo alleato Amal, partito sciita diretto da Nabih Berri, inamovibile presidente del Parlamento libanese, sostengono ufficialmente il candidato Sleiman Frangie, ma nei giorni scorsi hanno affermato di non voler mettere veti nei confronti del generale Aoun. Un altro candidato in lizza e che nelle ultime ore ha visto crescere le sue quotazioni nei pronostici è Jihad Azour, ex ministro e da anni alto funzionario del Fondo monetario internazionale.
In Libano, per eleggere il Presidente della Repubblica al primo turno è necessario il voto di almeno 86 deputati, dato che il Parlamento è composto da 128 membri e il quorum richiesto è di due terzi. Nelle sedute successive è invece sufficiente la maggioranza semplice, ovvero almeno 65 voti. Il Presidente viene eletto per sei anni e non può servire più di un mandato consecutivo. La prima seduta per l'elezione del presidente si è svolta nel lontano settembre del 2022. Finora, nelle numerose sedute successive non è mai stato raggiunto un accordo tra le parti politiche locali e tra i vari sponsor stranieri.
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