(di Lucia Magi)
Kieran Culkin ha letto la
sceneggiatura di A Real pain appena prima di girare l'ultima
stagione di Succession, la saga familiare Hbo che gli è valsa la
ribalta internazionale, un Golden Globe, un Critics Choice Award
e un Emmy nel 2023. "Il film era scritto in modo splendido. Mi
sono immedesimato subito con quel personaggio giocherellone, ma
rotto nel profondo. Il mio è stato un 'sì' istantaneo, molto
facile da dire", racconta l'attore ai membri della Critics
Choice association, ricordando come è entrato nel progetto
scritto e diretto da Jesse Eisenberg.
"Le riprese della serie, però, sono finite con due mesi di
ritardo e io avevo bisogno di una pausa. Avevo giurato che non
sarei più stato lontano dalla famiglia (moglie e due figli di 5
e 3 anni) per più di otto giorni. Mi ero appena dato questa
regola, quando Jesse è tornato alla carica: 25 giorni di riprese
in giro per la Polonia. Stavo per rifiutare. Per fortuna, non ci
sono riuscito", dice Culkin, che a 7 anni è apparso a fianco del
fratello Macaulay in Mamma ho perso l'aereo e non ha più smesso
di recitare ("È l'unica cosa che so fare", scherza).
L'attore di The social network, alla seconda prova dietro la
telecamera dopo l'altro dramedy Quando avrai finito di salvare
il mondo (2022), ha affidato a Culkin il ruolo di Benji Kaplan,
un quarantenne dalla personalità brillante e carismatica, ma
inquieto, vulnerabile, facile a eccessi e repentini cambi
d'umore, ancora senza direzione nella vita. Il regista e
sceneggiatore, che con questo copione semplice e perfetto ha
vinto il Sundance nel 2024, ha tenuto per sé il ruolo di suo
cugino David: imprenditore digitale di successo, marito e papà
responsabile, compunto e chiuso ai limiti della nevrosi. Benji e
David sono cresciuti insieme, ma ora faticano a trovare
sincronia.
Il dolore a cui si riferisce il titolo viene dunque
dall'intima storia di ognuno, ma si misura con quello storico,
epico, di chi è passato attraverso l'olocausto, come la loro
nonna: è lei che, morendo, ha lasciato ai nipoti i soldi per
visitare insieme i luoghi della sua infanzia e il campo di
concentramento in cui è stata prigioniera.
Dopo essersi innamorato della sceneggiatura, Culkin l'ha
messa da parte. "Ho vestito i panni di Benji senza prove e senza
lavorarci troppo. Ha mille temperature; non sai mai come
reagirà, quindi mi serviva mantenere spontaneità". Questo
atteggiamento "disinvolto" ha creato alcune difficoltà tra i due
co-protagonisti. "Jesse era molto agitato e apprensivo. Veniva
nel mio camper e mi chiedeva: 'Sei pronto per oggi?' E io: 'Non
so nemmeno che scene giriamo'. 'Ti do il copione?'; 'No grazie,
qualcosa mi verrà', rispondevo. Lui usciva grattandosi la testa,
preoccupato. Questa dinamica è servita sullo schermo. Siamo due
persone che affrontano la vita e il lutto in modo completamente
opposto".
Riflette ancora: "La cosa strana in questo caso era dover
rispondere e accettare direzioni dall'attore che girava la scena
con te. Mi veniva da mandarlo a quel paese. Dovevo respirare e
ricordarmi: è il regista, il copione è suo, i personaggi sono
suoi. E ha fatto davvero un lavoro eccezionale".
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