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Il mondo sulle spalle, Giulio Napolitano racconta suo padre

Il mondo sulle spalle, Giulio Napolitano racconta suo padre

Tra pubblico e privato la storia familiare dell'ex presidente

ROMA, 30 gennaio 2025

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Laura Valentini)

- GIULIO NAPOLITANO, 'IL MONDO SULLE SPALLE' (MONDADORI, PP 492, 23 EURO) - Un disegno infantile che ritrae un uomo seduto alla scrivania sotto una lampada e la didascalia 'mio papà fa il deputato al parlamento': la firma è del piccolo Giulio Napolitano e quello ritratto è il padre Giorgio, nella sua vita pubblica, da giovane dirigente del Pci a senatore a vita fino a presidente della Repubblica, e privata.
    Il titolo del libro che Giulio Napolitano, giurista e avvocato, dedica a suo padre è 'Il mondo sulle spalle', proprio come lo sentiva Giorgio Napolitano, il cui impegno politico era vissuto innanzitutto come responsabilità civile e istituzionale, e quasi mai era disgiunto dalla vita familiare. Ed ecco i Napolitano nelle stanze della loro casa prima a Monteverde e poi in vicolo dei Serpenti a Monti, con mamma Clio che gestisce gli aspetti della vita quotidiana, o le visite a casa di Enrico Berlinguer, con cui le divisioni furono sempre e solo di linea politica mentre i rapporti furono improntati a stima e correttezza.
    Giulio ricorda la gentilezza di donna Letizia che conosce la sua fede sfegatata per la Lazio, e sempre in tema di calcio, Walter Veltroni che suona il campanello della piccola abitazione familiare con al seguito Bruno Giordano e Lionello Manfredonia.
    Nel 2006 la svolta che porta l'ex dirigente del Partito comunista italiano al Quirinale: nel libro l'autore fa una brevissima cronaca di come si arrivò al nome di suo padre e poi racconta la pacata felicità che segue l'elezione. Il presidente torna a casa per pranzo che "eccezionalmente" non avviene in cucina ma nella sala dove si ospitavano gli amici a cena.
    Infine, continuano ad arrivare biglietti e congratulazioni tanto che donna Clio in serata commenta: "Mio marito è diventato capo dello Stato e io sono diventata portiera. Ritiro lettere da ore.
    Così funziona la vita". Ed ecco verso la fine del settennato che Giulio accompagna il padre in visita di stato a Washington dove avviene l'incontro con Obama, di cui viene riportata una confidenza fatta durante le battute finali del colloquio dove i due capi di stato passano a parlare di una questione inerente la Nato: "A volte preferirei operare nell'ambito di un sistema parlamentare come avete voi in Europa", dice il presidente Usa spiegando che quest'ultimo non ha la pecca di quello statunitense dove, qualora il presidente non ha la maggioranza, deve comunque rimanere in carica senza la possibilità di perseguire la sua agenda politica. Napolitano poteva sostenere senza interprete un confronto con l'inquilino dello Studio ovale: parlava un inglese fluente, tra i pochi politici della sua generazione, perché in quanto ammiratore di Churchill e della politica inglese che portò il paese a resistere all'invasione nazista, volle studiare la lingua da ragazzo con una insegnante privata. Il settennato è agli sgoccioli e anche Giulio ne è contento: nella durata del mandato del padre al Quirinale "la mia testa non era stata mai del tutto sgombra.
    Avevo sostenuto anch'io un po' di quel mondo sulle spalle che mio padre -scrive - si era dovuto caricare , stavolta al massimo livello".
    Ma le elezioni del 2013 consegnano l'immagine inedita di un paese non bipolare ma con tre schieramenti dato che emerge accanto a centrodestra e centrosinistra quello grillino; nessuno pero' in grado di esprimere una maggioranza. Si fa strada con forza l'ipotesi di una rielezione di Napolitano a cui il presidente esprime una ferma contrarietà, tanto da farsi preparare un certificato medico che elenchi problemi fisici da tirare fuori al momento opportuno. Ma poi non ne fa niente. Per il Quirinale viene speso il nome di Franco Marini, che viene 'bruciato' nelle urne, poi ad essere affondato dai franchi tiratori è Romano Prodi. Napolitano viene rieletto ma, osserva Giulio, "non ci fu spazio per alcuna soddisfazione". Il memoir prosegue pieno di ricostruzioni della vita politica di quegli anni (per esempio i rapporti con Silvio Berlusconi con cui c'era una diversità "perfino antropologica") ma non mancano momenti di reciproca tenerezza come quando, verso la fine, il presidente tenendo la mano del figlio gli mormora: "quante persone abbiamo conosciuto".
   

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